SILVANO ROSSI, UNO DI NOI: il Club “Crinali Rossoblù”, in memoria del suo Fondatore

Silvano Rossi, secondo da destra

di Davide Gubellini  

Questa è la storia di Silvano Rossi, detto “Peo”, Presidente del Club Rossoblù nella frazione La Lima, in provincia di Pistoia.

Silvano scomparve 56 anni fa, a soli 33 anni, per un male incurabile.

Nato nel 1930, nel dopoguerra commerciava nel legno e nel carbone, nel territorio del Comune di San Marcello Pistoiese. (1)

Titolare del “Simon Bar”, vi aveva posto la sede del locale Bologna Club, sorto per la passione rossoblù dei residenti, amanti del calcio che … “si giocava così solo in Paradiso”.

Fu nei periodi estivi che a Silvano venne l’idea del contatto diretto con i giocatori del Bologna.

Data la sua esuberanza, era riuscito ad entrare in amicizia con Romano Fogli ed altri calciatori, al punto che non era raro che scendesse negli spogliatoi del dopo partita.

La vicenda che vogliamo raccontare ebbe inizio nell’estate del 1963.

Silvano non stava bene di salute.

Tuttavia, data la vicinanza del Bologna, in ritiro precampionato a Pievepelago, come gli altri paesani non si perdeva un allenamento della prima squadra.

Come Presidente del Club, invitò quindi i giocatori del Bologna nella sede di La Lima, per poter salutare tutti gli appassionati della località.

Come sempre succede in questi casi, i calciatori ringraziarono e diedero un appuntamento a data da destinarsi.

In realtà, ciò che accadde lasciò tutti stupiti.

Il Dottor Bernardini, con la squadra al completo, si presentò al parcheggio del Simon Bar, per mantenere la promessa fatta per esaudire il desiderio di un tifoso sfortunato.

Tutto il paese era presente; dopo un rinfresco fu donata una medaglia d’oro a Bernardini, a ricordo dell’incontro.

Silvano riuscì a strappare una promessa ai giocatori: di tornare ancora una volta a La Lima, per festeggiare qualcosa…

Poi, fu la cavalcata dello scudetto.

Dopo i primi due pareggi con Genoa e Torino, il Bologna cominciò a vincere: 2 a 0 all’Atalanta, 2 a 0 alla Fiorentina, 4 a 1 a Modena…

Fino al 20 ottobre 1963.

Una giornata maledetta, come ebbe giustamente a ricordare Simona, la amatissima sorella di Silvano.

Quel giorno il Bologna giocava in casa col Milan e naturalmente Silvano era allo Stadio.

Il Bologna stava vincendo 2 a 1, quando, al 90° improvvisamente Capra colpì male la palla che si infilò nella porta di casa, causando un’autorete; pareggio.

Complici le emozioni della partita, Silvano si sentì male.

Tutti pensarono a qualcosa di passeggero.

Purtroppo invece, la malattia aveva fatto il suo corso.

Addirittura, sei giorni dopo, Silvano moriva, a soli 33 anni.

I compagni, gli amici, tutti i cittadini rimasero attoniti, incapaci di dover rinunciare alla sua voglia di vivere.

Soprattutto la sorella Simona non riuscì mai a darsi pace, essendo Silvano sempre stato così protettivo con lei, rimasta orfana della mamma a soli 4 anni.

Come si conviene ai galantuomini, i giocatori del Bologna, con una delegazione significativa, si presentarono al funerale di Silvano.

La promessa di ritornare a La Lima fu mantenuta, pur in circostanze così drammatiche e inattese.

Il resto è storia.

Il Bologna vinse lo scudetto tre volte; sul campo contro gli avversari, nelle aule dei tribunali contro i mistificatori, con il lutto nel cuore per la morte del suo Presidente, a poche ore dallo spareggio decisivo.

Questi lutti segnarono la storia del Bologna e della comunità locale di La Lima.

Ciò che crediamo importante è continuare a ricordare la potenza dei gesti d’amore, la generosità di quelle azioni gratuite.

Cinquantasei anni dopo la sua scomparsa, alcuni testimoni dell’epoca, insieme ai giovani appassionati del luogo, ridanno vita ad un Club, in memoria di un concittadino sfortunato, al quale tanti Campioni erano legati da amicizia.

Onore alla memoria di queste persone perbene.

 A noi piace ricordare la frase che il Capitano Pavinato disse nel luglio del 1963, come promessa agli abitanti del paese, prima del congedo: “Cercheremo di darvi le soddisfazioni che meritate”

Tutti i tifosi ne apprezzarono l’impegno e il trionfo.

Qualcuno crede che anche Renato Dall’Ara e Silvano Rossi ne abbiano gioito.

Noi siamo tra quelli.

Nota Bene:

(1) Il club rossoblù “La Lima”, prendeva il nome dalla località, frazione del Comune di San Marcello Pistoiese (PT), bagnata dall’omonimo torrente, così chiamato probabilmente per le origini limacciose delle sue acque. Nel secondo dopoguerra, la popolazione viveva della economia montana del territorio: agricoltura e risorse boschive. L’installazione della Cartiera produsse un immediato impulso alla economia e alla società del luogo. Gli abitanti crebbero fino a 400 unità, principalmente operai, quasi tutti residenti, ex contadini e boscaioli. La matrice operaia dei residenti, nonché la provenienza felsinea di alcune manovalanze, favorì indubbiamente il diffondersi della “fede” rossoblù, complici i successi della squadra, a dispetto dei dileggi dei concittadini toscani. Nel periodo di massima espansione, la località contava sette esercizi commerciali e un cinema, oltre alle scuole dell’obbligo. Nel 1968 la Cartiera cominciò a subire la crisi economica; la produzione fu trasferita a Firenze e per La Lima iniziò il suo lento declino. Oggi la località registra 68 residenti, dei quali l’80% supera i 70 anni.

(2) Tutte le foto gentilmente concesse provengono dalle collezioni private di Alessandro Pagliai e Giancarlo Giovannini, rispettivamente Vice Presidente e Segretario del Club “Crinali Rossoblù La Lima 1963”

SAVENANEWS 15 ottobre 2019

 

Un racconto di Davide Gubellini per rendere omaggio ai protagonisti presenti e passati di questa vicenda.

“CAMPIONI SUL CAMPO, CAMPIONI NELLA VITA”

“Bambini, venite! Correte, da Silvano ci sono quelli del Bologna!”

Marisa sembrava una indemoniata.

Del resto, tutto il paese era incredulo, di fronte ad una notizia così inattesa.

“Oh Marisa, tu non la smetti mai di ruzzare i bimbini, eh?” le chiese la Bice, che ancora non sapeva.

In effetti, tanto stupore non era ingiustificato.

Possibile che i giocatori di una delle squadre di calcio più famose fossero proprio lì, in quel piccolo paese dell’Appennino Toscano?

E per quale motivo, in pieno luglio, il Bologna Football Club, candidato alla vittoria del successivo campionato 1963-64, doveva fermarsi proprio a La Lima, una frazione di San Marcello Pistoiese, un paese che non aveva neppure una piazza?

“Su, venite; ci sono tutti: Bulgarelli, Fogli, Haller, Pascutti, Pavinato, e tutti gli altri… oh, c’è pure il Mister, Bernardini! Fate presto, eh? Non è che poi si fermano per cena!”.

Mentre lo diceva, alla Ines venne il batticuore, perché sapeva di non aver preparato niente.

Lo spiazzo davanti al bar di Silvano era l’unico posto in grado di accogliere un pullman, senza intralciare la Statale che divideva il paese.

Il paese di La Lima, con le sue case e la stessa Cartiera che dava lavoro a tutti, era come disteso, lungo gli argini del torrente da cui prendeva il nome.

Davanti al bar c’era già tutto il paese, circa un centinaio di persone, esclusi i pochissimi privilegiati che erano in ferie, cosa della quale si sarebbero peraltro lamentati per anni.

Appena scesi dal pullman, i giocatori furono presi d’assalto dai bambini.

Chi portava un quaderno dei compiti per le vacanze, chi un pallone.

Ogni cosa, la prima disponibile in casa, era utile per raccogliere gli autografi dei campioni.

Non mancava proprio nessuno.

Il Bologna aveva scelto la vicina Pievepelago per il ritiro precampionato e sicuramente la breve distanza da La Lima aveva giocato a favore dell’evento organizzato dal gestore del bar, Silvano Rossi.

Già, Silvano.

Era l’unico che ancora non si vedeva.

All’epoca aveva trentatré anni.

Tifosissimo del Bologna, fin da ragazzino ne aveva seguito i trionfi nazionali.

Aveva sei anni quando i rossoblù vinsero il loro terzo scudetto.

Ma la vittoria che più lo inorgogliva era il trionfo di Parigi del 1937, contro il Chelsea in finale, in quella che lui giustamente considerava la prima Coppa dei Campioni.

Ma come? Proprio adesso che c’era il Bologna nel suo bar, dov’era Silvano?

Finalmente apparve anche lui, con il suo sorriso esuberante.

Uscì dal gabbiotto della vicina pompa di benzina, forse perché impegnato a sbrigare le ultime faccende di lavoro.

Cominciò a salutare tutti da lontano, con ampi gesti delle braccia.

Tutti gli andarono incontro per fargli festa.

Il suo passo però era un po’ incerto.

Non stava bene Silvano, anche se non voleva darlo a vedere.

Da tempo era malato e la diagnosi era stata terribile, per uno di quei mali che all’epoca non si riusciva a curare.

Era smagrito in viso, un po’ pallido e la schiena era come un po’ incurvata, piegata in avanti.

“Oh, Silvano, hai visto che ho mantenuto la promessa? Ti ho portato i ragazzi!”, disse Fulvio Bernardini, l’allenatore di quel Bologna.

“Appena Romano me lo chiese, gli dissi subito di sì. Ti avvisò, vero?” continuò il Mister.

In realtà, Fogli aveva chiamato Silvano solo quaranta minuti prima, poco prima di partire da Pievepelago, perché incerto sul momento in cui tutta la squadra sarebbe stata disponibile per la sorpresa.

“Certo. Romano me lo aveva detto, vi aspettavamo” riuscì a balbettare Silvano, che nell’euforia aveva dimenticato i dolori.

Era molto amico di Romano Fogli, il centrocampista di origini pisane; da molti anni d’estate era solito venire a villeggiare nella vicina Maresca e Silvano non si era lasciato sfuggire l’occasione per andarlo a conoscere.

A Romano, Silvano raccontò dei suoi idoli di ragazzino; gli parlò di Biavati e del suo passo doppio che aveva visto al Littoriale, gli descrisse la sua ammirazione per Schiavio, Campione del Mondo con l’Italia e Campione d’Europa con il Bologna.

Fu grazie a questa confidenza che Silvano si azzardò a chiedere a Romano di presentargli i compagni di squadra e il Mister, cosa che avvenne a Bologna, in un dopo partita.

In questo modo, frequentando gli spogliatoi come allora lui riuscì a fare, Silvano si azzardò a chiedere a Bernardini di passare a La Lima, una volta, insieme a tutta la squadra.

In paese, la passione di Silvano era contagiosa.

Era riuscito a fondare un Club Rossoblù di tifosi del Bologna.

Al lavoro o in strada, tutti i soci era continuamente dileggiati dai concittadini toscani, appassionati della Fiorentina, squadra del vicino capoluogo regionale.

Forse per questa particolarità, o più probabilmente per l’affetto verso un sostenitore sfortunato, il Bologna si presentò.

La festa fu bellissima, nella sua semplicità.

Nessun discorso; dopo un rinfresco, solo la consegna di una medaglia d’oro a Bernardini, da parte di Simona, la sorella di Silvano.

Terminate le foto di rito, in un clima gioioso, Silvano riuscì a strappare a Bernardini la promessa di un ritorno a La Lima.

Magari per festeggiare qualcosa di grande…

Alla fine, tutti i giocatori risalirono sul pullman.

Per ultimo, il Capitano Mirko Pavinato salutò i presenti con una frase emblematica:

“Cercheremo di darvi le soddisfazioni che meritate”

Tutti gridarono felici, a conclusione di una giornata indimenticabile.

Poi, la festa finì.

In modo particolare per Silvano.

L’inizio del campionato lo vide ancora sugli spalti dello Stadio, pur con le difficoltà del caso.

Alla sesta giornata, il 20 ottobre del 1963, in casa con il Milan, le emozioni della partita gli procurarono un grave malore.

Venne ricoverato subito in ospedale.

Fu tutto inutile.

Purtroppo la malattia aveva fatto il suo corso.

Silvano morì sei giorni dopo, a soli trentatré anni.

I compagni, gli amici, tutti i cittadini rimasero attoniti, incapaci di dover rinunciare ad una persona esuberante, sempre sorridente e disponibile.

Come si conviene ai galantuomini, i giocatori del Bologna, con una delegazione significativa, si presentarono al funerale di Silvano.

La promessa di ritornare a La Lima fu mantenuta, pur in circostanze così drammatiche e inattese.

Il resto è storia.

Il Bologna, gli uomini di quella squadra, vinsero lo scudetto tre volte.

Sul campo, contro gli avversari; nelle aule dei Tribunali, contro i mistificatori; con il lutto nel cuore, per la morte del loro Presidente Dall’Ara, a poche ore dallo spareggio decisivo.

Questi lutti segnarono la storia del Bologna e della comunità locale di La Lima.

Molti giocatori di quella squadra Campione d’Italia nel 1964 ci hanno lasciato, alcuni da diversi anni.

Bulgarelli, Haller, Nielsen, Pascutti, Furlanis, Tumburus, Perani, Janich, Negri…

Eppure, oltre alla gloria sportiva, la gratuità del loro gesto di affetto verso un tifoso sfortunato li fa ancora ricordare come uomini di onore, insieme alla gratitudine di chi li ha ammirati sul campo di calcio.

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