Arpad Weisz a Bologna

In questa tipologia di percorso abbiamo voluto abbinare un itinerario legato ai luoghi vissuti e alle strade percorse da Arpad Weisz a Bologna, con punti di interesse storico della Città

Come muoversi:

a piedi in modo autonomo (difficoltà bassa)

in bici : bici a noleggio tramite APP MOBIKE: Info Point situato nella Velostazione Dynamo (Via dell’Indipendenza, 71/z) è un punto di contatto a disposizione degli utenti e per dare assistenza a coloro che sono interessati al servizio. E’ disponibile anche un call center (0362 1635050) aperto tutti i giorni dalle 7 alle 20

di corsa con la guida turistica Andrea Gardenghi (348/7778787) http://www.bolognabyrun.com/

 

ITINERARIO PRINCIPALE

VARIANTE CERTOSA DI BOLOGNA

VARIANTE BASILICA SAN LUCA

 

1) STADIO R. DALL’ARA (INTRECCIO CON ITINERARIO “I CAMPI SPORTIVI DEL BOLOGNA”)

L’itinerario parte dallo Stadio R. Dall’Ara, in particolare dalla Torre di Maratona, dove si celebra il ricordo della famiglia Weisz mediante una targa apposta nel 2009.

 

2) ARCO DEL MELONCELLO

Arco del Meloncello

Compiuto nel 1732 su disegno di Carlo Francesco Dotti l’Arco del Meloncello dà inizio al tratto di portico che sale fino al Santuario di San Luca, intervallato da quindici cappelle con raffigurazioni dipinte dei Misteri del Rosario.

L’Arco è costituito da un sovrappasso per i pellegrini, sostenuto da un basamento con archi ribassati finiti a bugnato, attraverso i quali il traffico pedonale e veicolare di via Saragozza può scorrere indisturbato. Il loggiato sovrastante si ricollega, stilisticamente e morfologicamente, al portico con cui è raccordato. Particolare risalto è dato alla tribuna centrale, che presenta un fornice inquadrato da un ordine gigante di colonne ioniche, affiancate da lesene, che riprendono il motivo a bugnato della base sottostante. Al centro della trabeazione campeggia lo stemma in rame della famiglia Monti Bendini, dipinto anche altre quattro volte all’interno della loggia, a dimostrazione del grande impegno economico, che questa dimostrò nella costruzione del portico di San Luca e, nella fattispecie, dell’Arco del Meloncello. Se la prima parte della tribuna centrale, conclusa con un timpano triangolare in leggero aggetto, sembra rifarsi al modello dell’Arco Bonaccorsi che si erge all’inizio del portico, di fronte a Porta Saragozza, il sovrastante fastigio con un secondo timpano curvilineo sorretto da mensole giganti e coronato da un vaso con fiamma, potrebbe essere una rivisitazione dovuta alla mano di Francesco Bibiena.

Fonte: www.bolognawelcome.com

 

3) PORTICO DI SAN LUCA

Portico di San Luca

Il portico, unico al mondo per la sua lunghezza di quasi quattro chilometri (3.796 m), collega il Santuario alla città e agevola la processione che ogni anno dal 1433 conduce la bizantina Madonna con Bambino alla cattedrale, durante la settimana dell’Ascensione. La sua realizzazione si avvia nel 1674 con la costruzione a Porta Saragozza dell’arco Bonaccorsi di Gian Giacomo Monti. Allo stesso architetto si attribuisce il progetto definitivo del tratto in pianura del portico ritmato da un modulo compositivo di estrema sobrietà e semplicità, ripreso dal suo successore Carlo Francesco Dotti a partire dal secondo decennio del ‘700. La parte terminale del percorso collinare, progettata dal Dotti, si caratterizza invece per la dinamica variazione di visuali e di punti di fuga fino alla visione finale del Santuario.

 

4) VILLA SPADA

Villa Spada

Villa Spada sorge sull’antica tenuta dei marchesi Zambeccari. Di questo edificio in stile neoclassico non si conosce la data di costruzione, ma poiché esso pare quasi certamente attribuibile a Giovanni Batista Martinetti, presente a Bologna a partire dal 1774, potrebbe attestarsi al periodo in cui la tenuta era di proprietà di Jacopo Zambeccari (morto nel 1795). La villa rimase di proprietà dei Zambeccari fino al 1811, quando passò dapprima ai Marescotti e poi ai Levi. Sulla facciata meridionale della villa si può ammirare lo stemma degli Spada, che acquistarono la villa nel 1820. Dopo essere stata di proprietà del tenore Antonio Poggi, nel maggio 1849 la villa diventò il quartier generale degli austriaci, ospitando il governatorato, il giudizio statario ed il consiglio di guerra.

Nell’estate di quell’anno Villa Spada vide transitare nella torretta neomedievale – eretta nel giardino della villa – tra il 7 e l’8 agosto due prigionieri illustri: il padre barnabita Ugo Bassi ed il capitano milanese Giovanni Livraghi, catturati qualche giorno prima dagli imperiali a Comacchio, in fuga verso Venezia dopo la fine della Repubblica Romana. Alle ore 18 del 7 agosto Bassi e Livraghi entrarono nella Villa, prima di essere condotti alle 22 nelle carceri della Carità di via S. Felice. I due fecero ritorno al quartier generale austriaco l’indomani a mezzogiorno, quando fu comunicata loro la sentenza di condanna a morte. All’una Bassi e Livraghi lasciarono per l’ultima volta Villa Spada, per compiere l’ultimo viaggio verso il portico della Certosa, dove furono fucilati dagli uomini del generale Gorzkowski. Dimora di un principe turco nella seconda metà dell’Ottocento, attorno al 1920 la villa passò ai Pisa i quali aprirono su via Saragozza l’attuale accesso principale al parco.

Negli anni Sessanta la proprietà fu acquisita dal Comune di Bologna, ed aperta al pubblico nel decennio successivo. Dal 1990 la villa ospita il Museo del Tessuto e della Tappezzeria “Vittorio Zironi”.

Fonte: “Sito Storia e Memoria di Bologna”

Monumento delle cadute partigiane

Il monumento dedicato alle cadute partigiane

Il monumento, dedicato alle 128 donne partigiane della provincia di Bologna cadute nel corso della lotta di liberazione, è ospitato all’interno del Parco di Villa Spada, ricco di memorie risorgimentali.

Realizzato nel 1975 dagli architetti del gruppo “Città nuova”, autori anche del memoriale di Sabbiuno. Il monumento è costituito da un muro di due metri che segue la salita del terreno per circa cinquanta metri e che nella sua parte terminale scompare per divenire lo schienale di una gradinata, ordine superiore di un piccolo anfiteatro rivolto verso la città. Nella stessa area erano state poste statue in cartapesta appoggiate ad una griglia di ferro, realizzate dagli studenti del Liceo artistico con i calchi dei loro corpi.

La scelta di materiali deteriorabili era legata all’obiettivo di costruire un monumento da rinnovare nel tempo come la memoria della Resistenza e la partecipazione condivisa al ricordo delle lotte antifascista e partigiana.

Nel muro sono collocati 128 mattoni ognuno dei quali riporta il nome di una partigiana caduta inciso direttamente dai ragazzi delle scuole elementari e medie, mentre gli studenti del Liceo artistico F. Arcangeli di Bologna hanno provveduto a decorare le parti rimanenti con affreschi, disegni e composizioni varie.

Approfondimenti ed ulteriori informazioni sull’apporto delle donne nella Lotta di Liberazione nel sito www.donnedellaresistenzabolognese.it.

Fonte: “Sito Storia e Memoria di Bologna”

 

5) CASA DI WEISZ IN VIA VALERIANI N.39

 

6) CAMPO DELLA SEF VIRTUS (INTRECCIO CON ITINERARIO “I CAMPI SPORTIVI DEL BOLOGNA”)

 

7) IL QUARTIERE

Il villaggio durante la costruzione

Il Villaggio della Rivoluzione Fascista al Littoriale

Nell’area del parco dell’antica villa De Lucca, nei pressi del nuovo stadio Littoriale, viene inaugurato il Villaggio della Rivoluzione, una piccola “città giardino” voluta dal segretario federale Cesare Colliva e costruita dall’Istituto delle Case Popolari (IFACP).

E’ destinato alle “famiglie dei caduti, feriti e mutilati per la causa della rivoluzione fascista”. Il progetto di Francesco Santini (1904-1976) prevede 56 alloggi, 11 villette, un asilo nido e un rifugio antiaereo.

Le strade del “quartiere dei gerarchi” – via delle Camicie Nere, via del Legionario, via dello Squadrista, ecc. – cambieranno denominazione nel dopoguerra. Saranno intitolate a partigiani caduti. Alcuni di essi, come Irma Bandiera, Pietro Busacchi, Paolo Martini, saranno uccisi dai fascisti e ritrovati cadaveri proprio nel rione dello stadio.

Fonte: “Sito Biblioteca Sala Borsa”

 

5) LE SCUOLE BOMBICCI DI ROBERTO WEISZ

 

4) MURALES DEDICATO A IRMA BANDIERA

Il murales dedicato ad Irma Bandiera sulla parete delle Scuole Bombicci

Irma Bandiera, nome di battaglia “Mimma”, da Angelo e Argentina Manferrari; nata a Bologna; ivi residente nel 1943. Licenza elementare.

Irma Bandiera nasce a Bologna l’8 aprile 1915 da una famiglia benestante  composta, dal padre Angelo capomastro edile che durante la dittatura aveva manifestato sentimenti antifascisti, dalla madre Argentina Manferrati, da lei e dalla sorella Nastia. Irma era bella e sempre molto elegante. Nella vita di Irma c’era un fidanzato, Federico, militare a Creta, fatto prigioniero dopo l’8 settembre 1943. La nave su cui era imbarcato per il trasferimento in Germania fu bombardata e affondò al Pireo. Federico fu dato per disperso e Mimma e la sua famiglia fecero ricerche senza frutto, anche attraverso il Vaticano. Nel caos dell’Armistizio, col dissolvimento  delle Forze Armate  e l’abbandono vile della monarchia, lei  cominciò ad aiutare i soldati sbandati e si interessò sempre più di politica aderendo al Partito comunista. Molto presto entrò nel movimento di Resistenza, assumendo il nome di battaglia “Mimma”, assieme allo studente universitario nella facoltà di Medicina Dino Cipollani  giovane partigiano di Argelato (nome di battaglia “Marco”),  che conobbe a Funo  dove lei andava spesso a trovare i suoi parenti. Nell’agosto del 1944 il Movimento di Liberazione in questa zona della bassa bolognese era particolarmente attivo. Il 5 agosto i partigiani uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere. Alla mezzanotte del 6 agosto a Funo cominciò una tremenda rappresaglia durante la quale vennero arrestati tre partigiani, portati alle scuole di San Giorgio di Piano. La sera del 7 agosto anche Irma fu arrestata a casa dello zio, insieme ad altri due, e rinchiusa anch’essa nelle scuole di San Giorgio, ma isolata dai compagni. Venne poi tradotta a Bologna. Probabilmente i fascisti sapevano parecchie cose su di lei e credevano di ottenere informazioni.

I familiari la cercarono alle Caserme Rosse di via Corticella , il centro di smistamento per i deportati, e sperarono anche fosse fra i detenuti liberati dall’azione temeraria dei gappisti nel carcere cittadino di San Giovanni in Monte, il 9 agosto. La madre continuò a cercarla, insieme alla sorella, in Questura e al comando tedesco di via Santa Chiara 6/3. Irma resistette alle torture fino alla fine, senza mai parlare. Preservando in tal modo molti suoi compagni. La mattina del 14 agosto una persona informò i  parenti che il corpo inanimato di Irma si trovava sul selciato vicino allo stabilimento della ICO, fabbrica di materiale sanitario. “Mimma” venne lasciata in vista dagli aguzzini per una giornata, come disumano monito. Poi fu portata all’Istituto di Medicina Legale di via Irnerio dove un custode, amico della Resistenza, scattò le foto del viso devastato dalle torture. Venne infine sepolta alla Certosa, accompagnata dai familiari e qualche amica. La federazione bolognese del PCI il 4 settembre 1944 pubblicò un foglio volante,  stampato nella clandestinità, nel quale si ricordava il senso altamente patriottico del sacrificio di Irma e si incitavano i bolognesi ad intensificare la lotta contro i nazifascisti. A lei fu intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica)  che operava nella periferia nord di Bologna ed un GDD  (Gruppo di Difesa della Donna). Riconosciuta partigiana alla fine della guerra fu decorata di Medaglia d’Oro al  Valor Militare, insieme ad altre 18 partigiane in Italia. E’ sepolta nel Monumento Ossario ai Caduti Partigiani della Certosa di Bologna ed è ricordata nel Sacrario di Piazza Nettuno e nel Monumento alle Cadute partigiane a Villa Spada. A Bologna una lapide onora  il sacrificio della giovane partigiana nella via a lei dedicata. Anche i comuni di Argelato, Castel Maggiore, San Giorgio di Piano, Malalbergo e Molinella le hanno intestata una strada.

Fonte: “Sito Storia e Memoria di Bologna”

 

1bis) CERTOSA DI BOLOGNA (variante)

Certosa di Bologna

Il cimitero storico momumentale Certosa di Bologna è uno dei cimiteri più antichi d’Europa, un monumento d’importanza mondiale, un luogo unico per la scultura e l’architettura del XIX e del XX secolo.
La scoperta tra il 1869 e il 1871 del sepolcrato etrusco nella Certosa ha dato avvio ad una serie fortunata di scavi archeologici, diretti dall’archeologo bolognese Antonio Zannoni, grazie ai quali è stata chiarita la ricostruzione storica e topografica della città. I materiali databili tra la metà del VI e IV secolo a.C. provenienti dai sepolcrati, si trovano ora nella sezione etrusca del Museo Civico Archeologico.
Nel 1800, la Commissione di Sanità del Dipartimento del Reno, decise di destinare ad area cimiteriale l’ex Certosa di S. Girolamo. La Certosa possedeva tutti i requisiti richiesti: era posta fuori dall’abitato, in una posizione ideale dal punto di vista della rete idraulica e della libera circolazione dell’aria. Si apre ufficialmente nel 1801 mentre nel 1802 l’architetto Ercole Gasparini concepisce il nuovo ingresso monumentale con ampi piloni coronati da statue. Nel 1811 Gasparini progetta un portico che colleghi il cimitero al Santuario di S. Luca.
I primi spazi che vengono utilizzati come cimitero sono il Chiostro Terzo, il Chiostro d’Ingresso, la Sala della Pietà e quella delle Tombe. Dalla Sala delle Tombe, antico luogo di ricreazione dei monaci, si passa alla Loggia delle Tombe e da qui si procede attraverso l’Aula Gemina. La Sala delle Catacombe (1827) conduce alla Galleria a tre navate che termina col Colombario. Al centro dei vani spiccano alcuni dei più celebri monumenti di tutto il cimitero (Pepoli-Murat e Angelelli).
Il più recente Campo degli Ospedali raccoglie monumenti di età liberty lungo il muro di cinta, al centro è collocato il grande ossario dedicato ai caduti partigiani, concepito dall’architetto Piero Bottoni. Annessi al cimitero sono lo spazio destinato agli Acattolici, il cimitero ebraico, un’area crematoria e un cinerario.

Fonte: Storia e Memoria di Bologna LA CERTOSA

 

3bis) BASILICA DI SAN LUCA (variante)

Santuario della Beata Vergine di San Luca

La chiesa attuale viene realizzata da Carlo Francesco Dotti tra il 1723 e il 1757 in sostituzione di una precedente chiesa quattrocentesca, mentre le due tribune esterne sono concluse dal figlio Giovanni Giacomo nel 1774. In sintonia con la tradizione bolognese, il volume esterno si presenta privo di decorazioni enfatiche e solenni e si caratterizza per la semplicità del profilo curvilineo su cui è impostata la cupola. Entro una planimetria ellittica, gli spazi interni si dilatano a croce greca culminando nell’altare principale che precede la cappella della Vergine. Tra gli artisti le cui opere adornano la chiesa, si segnalano Guido Reni (terzo altare a destra), Donato Creti (seconda cappella a destra), Giuseppe Mazza (cappella di Sant’Antonio da Padova), Guercino (sagrestia maggiore).

Tradizionale meta di pellegrinaggi legati alla devozione dell’immagine della Beata Vergine di San Luca e confortante approdo visivo per i bolognesi che rientrano in città, il Santuario posto sul Colle della Guardia rappresenta uno dei simboli di Bologna.